Ecco una nuova intervista di Delord rilasciata per RomaCapitaleMagazine.
Un disco fatto con il cuore
Un nuovo disco per questo giovane pianista modenese che raccoglie il lavoro di tre anni, durante i quali l’artista ha lavorato anche sulla ricerca oltre che sulla composizione. Incentrato su tematiche sociali, Sognare Part II, affronta i tempi caldi del momento, dall’amore universale verso chiunque in “Le conseguenze dell’amore” all’attualissimo tema politico con “La danza dei conigli” che paragona i personaggi della politica italiana a dei conigli che amano saltare di palo in frasca, millantando la soluzione a tutti i problemi, per poi tornare a rincorrere la carota non appena gliene si ripropone la possibilità. L’autore sembra accompagnarci in un viaggio molto particolare, fatto di metafore e di passaggi tra passato e presente, come in “Hope”, un segno di speranza verso le generazioni future che possano venir salvate dall’amore. Il singolo di lancio del disco, invece, si intitola “Lola Corre” e racconta la storia di Lola, una ragazza sola che subisce violenze continue e si trova costretta ad esercitare l’unico mestiere che non subirà mai crisi e nel quale ricerca la legalità. La musica di Delord colpisce nella sua semplicità e sorprende. Un ragazzo che ha sicuramente ancora molto cammino ancora da fare ma che segue l’unica strada giusta, quella del cuore. Sì perché oggi per fare musica c’è bisogno anche di un gran cuore.
Perché hai scelto questo nome d’arte?
Molti me lo chiedono, soprattutto se ho sbagliato a scrivere il nome o cosa. In realtà decisi di utilizzare questo nome perché, quando avevo 16 anni facevo parte di una cover band dei Deep-Purple e tutti mi chiamavano il “lord”, ripreso dal tastierista dei Deep Purple, John Lord. Successivamente, un episodio strano mi portò all’utilizzo di questo nome. Nel 2007 mi esibii per la prima volta come pianista solista e sulla locandina scrissero “DeLord” storpiando la versione inglese del termine. Da quel giorno decisi di utilizzare quel nome, che rappresenta anche le due parti che sono racchiuse in me: la parte seria e la parte più folle. Difatti il lord rappresenta la serietà e la classe, ma la storpiatura iniziale “De” ne unisce l’altra parte più folle del mio essere. Negli ultimi anni, la mia scoperta della fede e della spiritualità, mi hanno permesso di guardare al mio nome d’arte con un sorriso in più, in quanto la traduzione dall’inglese diventa “Il signore”, ossia Cristo.
I tuoi album si intitolano entrambi Sognare. Cosa rappresenta per te il sogno?
Il sogno rappresenta la speranza e la voglia di vivere, di rendere la nostra vita unica e speciale cogliendo da tutto ciò che ci succede gli insegnamenti migliori, anche e soprattutto dalle esperienze negative. Ai miei concerti adoro comunicare questo concetto e condividere con le persone la mia voglia di non smettere mai, nemmeno in un periodo come il nostro dove stiamo attraversando una crisi così profonda e mi chiedo: ma forse non è arrivato il momento di riprenderci i nostri sogni?
La musica classica moderna e senza voce ha mercato oggi in Italia?
Credo di poterti rispondere in un modo molto conciso: la discografia tradizionale in Italia sta morendo… E tutto ciò a causa di un sistema che non ha fatto altro che rendere la musica un mero sport/competizione, facendo credere ai ragazzi che nel fare musica ci sia solamente l’aspetto “diventare famoso”. Invece io credo che la musica sia tutt’altro. Il mercato poi credo che ognuno di noi, intesi come artisti, se lo debba creare. Vedo un futuro in cui l’artista sarà sempre più imprenditore di se stesso e del suo marchio/musica. Sai, molti musicisti si lamentano di non avere spazi e non potersi mai far sentire ad un pubblico. Sono del parere che oggi con i mezzi che abbiamo a disposizione tutto sia possibile. In occasione dell’uscita del mio disco, il 25 Novembre scorso, ho organizzato un concerto live dal mio studio trasmesso in diretta streaming ed ho così presentato a circa 150 persone il mio lavoro, ci siamo scambiati opinioni, pensieri, riflessioni. Ci vuole solamente una visione molto più aperta di cosa significa fare musica nel 2013.
Se tu fossi una nota quale saresti e perché?
È una domanda molto difficile. Credo il FA#, una nota a metà dei 12 tasti della scala del pianoforte, che può rappresentare molto concettualmente anche il mio modo di essere, quasi come su di un filo invisibile sul quale cammino ed attraverso le valli infinite della mia creatività rischiando a volte di cadere.
Fonte: RomaCapitale
Brani stupendi ed emozionanti.. è proprio vero, la musica italiana è prettamente commerciale, viene pubblicata solo quella che si pensa possa avere più successo, non si compone più quella che arriva dall’anima..
Ciao Miry, concordo appieno con te.
Anche se comunque, l’ultimo Sanremo, mi ha stupito molto…forse ci sono ancora speranze 😉
Che poi…di musica in Italia secondo me ne abbiamo veramente tanta, peccato che però non trovi gli spazi giusti oppure, spesso, gli artisti stessi non muovano il culo per crearseli 🙂 Ma questa…è tutta un’altra storia…
Giustissimo anche questo; un artista ha il dovere di esprimere ciò che sente, non ciò che gli altri vorrebbero sentirsi dire! 🙂
Poi ovvio, c’è anche chi sceglie di fare l’interprete…però vorrei solo farti un esempio: hai seguito X-Factor quest’anno? Ecco…ma due ragazzi come i “Freres Chaos” non sarebbero “da prendere a calci nel culo” dalla mattina alla sera?
Mmmh non l’ho voluto vedere nemmeno quest’anno, per una mia decisione personale.. Ma capisco il genere di interpreti di cui parli! 🙂